Le cose antiche sono una ricchezza

“… le cose antiche. Sono una ricchezza e una risorsa che ci danno anche una visione della vita sempre bella, anche nelle prove della vita.”

Per chi nasce ad aprile la possibilità che Pasqua cada durante il suo compleanno è piuttosto alta. Quest’anno invece per me arriva durante un’altra ricorrenza; questo stesso giorno di 11 anni fa mi laureavo mentre su Milano scendeva il diluvio (d’altronde era la settimana del Salone del mobile e si sa che in quel periodo la probabilità che piova é alta).

Stavo ancora frequentando la scuola di restauro ma era un primo passo verso questo lavoro che, pur tra tante difficoltà, mi ha portata in una realtà e tra persone che ti aiutano veramente ad andare avanti nelle prove della vita.

“Quindi adelante”!

I restauratori e il cibo

Un nuovo divertente decalogo in cui Silvia Conti torna a descrivere i restauratori, questa volta attraverso il rapporto col cibo, buona lettura! 😉

1 – I restauratori amano il cibo, questa è una verità assoluta! Dev’essere un qualcosa che ha a che fare con l’amore per la vita che si riflette anche in quell’insano desiderio di dare nuova vita ai ruderi fatiscenti. In tanti anni di cantieri non ho mai incontrato un restauratore che non amasse il cibo o che non fosse goloso. lo amano in modo panteistico e disinibito, infatti tendono a sperimentare le più spericolate ed estreme forme di alimentazione

2 – I restauratori, essendo animali migratori, hanno una cultura del cibo molto ampia, normalmente posseggono una mappatura precisissima di vasti territori dove trovare gelaterie, pizzerie, sushi bar, laboratori di pasticceria, e postacci infimi dove degustare i piatti tipici più folli e calorici nonché controindicati da qualsiasi regola alimentare

3 – Il pranzo di cantiere è il momento aulico, rivelatore di una specie umana unica, poiché mostra la messa in atto di tutte le strategie e lo spirito di adattamento e inventiva tipico della categoria dei restauratori. Si potrà vedere chi scalda il pranzo vegano portato da casa al calore della lampada infrarossi e chi preferisce il classico fornelletto da colla. Chi si porta le lasagne della mamma e chi la quinoa con il seitan rigorosamente bio. Chi apparecchia i tappi dei secchi, prima utilizzati come tavolozza, con fogli di carta giapponese, e improvvisa posate mai viste prima. Chi essendo a dieta perenne sfodererà una castissima mela e la addenterà sognando il kebab giù in strada. Poi troverete il palestrato che agita in shecker improvvisati, improbabili beveroni iper proteici. Quando si opta per il pranzo fuori, la prima fase consiste nel rendersi minimamente presentabili, rimuovendo i calcinacci da scarpe, abiti, capelli e sciacquandosi il volto in qualche secchio. C’è chi si cambia e chi sfoggia la tuta, bianca maculata, con nonchalance. Poi c’è la “fashion lady” che prima di andare al ristorante, frequentato da camionisti e muratori multietnici, si rinfresca il trucco facendo la punta al kajal con il bisturi e ravviva i capelli infeltriti dalla polvere con gesto di assoluta plasticità, indossa il pile decathlon con originalità poiché consigliata nel look dall’inseparabile collega cultore di trend look, per il quale la moda non ha segreti!

4 – Il restauratore in cucina è molto creativo, a volte troppo. Si destreggia con la colla di pesce come nessuno al mondo. Spesso si deve trattenere dallo sperimentare l’aggiunta di colla forte da foderatura, per ottenere quella famosa bavarese dall’aspetto scultoreo

5 – Il panino mangiato su un ponteggio, tra le tegole del tetto di una Chiesa o sui gradini della villa storica tra i calcinacci ha un sapore unico di sogni e libertà, che credo sia di difficile comprensione per qualsiasi altra categoria umana dotata di senno

6 – La restauratrice (scrivente), quando le suore di clausura le regalano la verdura del sacro orto, che si trova giusto accanto al cantiere, non può trattenersi dal perdere tempo per fare delle foto demenziali ispirate ad Arcimboldo … come quelle di questo articolo

7 – Quando il restauratore si imbatte in un albero abbandonato e debordante di frutti all’interno di un cantiere, lo allevia magnanimamente dal suo peso, mangiando direttamente dall’albero una quantità inverosimile di frutti, ma lo fa per amore della natura, intendiamoci!

8 – Il restauratore conserva le peculiarità della specie anche in ambiti casalinghi, pertanto evitate di utilizzare posate o tegami che rinvenite casualmente nella casa del restauratore in luoghi insoliti, tipo sul balcone, nello sgabuzzino o in bagno… potrebbero essere state utilizzate per mescolare il carbonato di ammonio o il benzalconio cloruro oppure per addensare panetti di chissà quale diavoleria chimica, lasciate stare e, se proprio dovete sapere di che si tratta, non vi resta che rivolgervi alla polizia scientifica!

9 – Un cantiere di restauro non si può dire tale se, tra un secchio ed una scatola di pennelli, vicino alla zona adibita a camerino, delimitata da quattro pezzi di cellophane di riuso … non si trova la piccola dispensa della “schifezza” tipo merendine, cioccolato e la peccaminosa immancabile nutella. Lo yogurt, essendo troppo salutare, lo si mangia solo per garantire la fornitura di barattoli al cantiere … praticamente un esigenza di servizio!

10 – La pausa caffè è sacra… sopratutto in quei cantieri senza il bagno o peggio in quelli dotati di WC chimico. Vi chiedete cosa centri il caffè con il bagno? C’entra, c’entra, fidatevi!

Il Libro delle Mani degli Artigiani

Un nonno che collezionava oggetti trovati qua e là, una nonna appassionata di meccanica e lavori domestici (quelli di manutenzione!), un paio di falegnami, un tornitore, un padre dedito al bricolage quando ancora non era di moda. Se è vero che la mela non cade mai troppo lontano dall’albero era vana la speranza dei miei genitori di vedermi diventare avvocato.

Il team di Brevimano lavora per creare una rete di artigiani e favorire il contatto tra vecchie e nuove generazioni e a questo scopo raccoglie e diffonde storie di artigiani. Potete leggere per intero la mia sulla loro pagina facebook!

Come si riconosce un restauratore?

cantiere iconostasi (8)Nonostante le difficoltà burocratiche e legislative nel farsi riconoscere i restauratori hanno indubbiamente una loro identità brillantemente riassunta in questo simpatico (ed assolutamente veritiero!) decalogo stilato da Silvia Conti nel suo blog.

1 – Il restauratore è un animale sociale, migratore, tendenzialmente nomade. Nidifica nelle chiese, nei musei, nelle biblioteche e nei palazzi storici. Il suo motto, a seconda della specializzazione; dove c’è un ponteggio, c’è casa! Dove c’è polvere c’è storia! Dove ci sono solventi c’è amore!

 2 – Il restauratore in una mostra d’arte guarda il restauro e non le opere, lo potrete notare quando, con aria indifferente allunga il collo a destra e sinistra per capire se riesce a intuire com’è fatta la parchettatura di una tavola dipinta. Oppure cerca di vedere l’opera da punti del tutto inadeguati a godersi la vista, tipo a luce radente per valutare le stuccature e gli eventuali difetti di adesione.

3 – Il restauratore ama gli animali, forse per questo ha una certa eleganza nella sua apparente sciatteria, vi capiterà infatti di notare tra le tute un tempo bianche ed i pile stratificati, emergere un unghia laccata o un filo di trucco. E, fuori dai panni da cantiere, potreste non riconoscerlo affatto!

 4 – Il restauratore in cantiere, eccetto le scarpe antinfortunistiche, veste Decathlon! Detto fra noi quella famosa catena di abbigliamento sportivo farebbe bene a sponsorizzare dei restauri, visto la portata della pubblicità indiretta di cui gode.

 5 – Il restauratore si adatta a fare quasi tutto, per questo sono ambiti come mariti, mogli o conviventi. Tinteggiano casa, usano il trapano come fosse l’estensione della loro stessa mano, tappano i buchi, ritoccano porte sfregiate, incollano i distaccamenti del pavimento laminato, rimuovono la muffa dalla cantina e qualche vota aggiustano anche le prolunghe elettriche.

 6 – Il restauratore occupa molto spazio, normalmente ha un armadio di abiti civili, due di abiti da lavoro e … tutto il resto della casa, garage, cantine e solai sono occupati dal suo eterogeneo materiale da lavoro. Per questo, dopo essere stati ambiti come mogli, mariti, conviventi, (di cui al punto 5) diventano “invasivi”.

  7 – Il restauratore ricicla tutto, stracci, vecchi abiti, vasetti dello yogurt, boccette di vetro, vasetti, viti, lame. Ma il top di gamma resta il tappo del secchio, sottratto con inganno all’imbianchino, per farne una tavolozza! Chi non l’ha visto almeno una volta, alzi la mano!

 8 – Il restauratore riesce a caricare in macchina qualsiasi cosa. Anche quando è vuota, potrete trovare nell’auto del restauratore oggetti inconsueti, tipo tenaglie, poggia mano, pennelli, scarpe antinfortunistiche, bisturi e guanti

 9 – Il restauratore ha grande capacità di sopravvivenza. Potrebbe sopravvivere nel deserto, tra i ghiacci o combattere la pestilenza. Poiché le esperienze accumulate in cantieri scomodi, in chiese umide e gelide, in archivi privi di ossigeno ma saturi di batteri e nei campanili infuocati, hanno forgiato la sua natura! Potrebbero essere gli umani del futuro, per via dell’intensa attività dei loro anticorpi, chissà forse per questo la burocrazia stenta a riconoscerli!

 10 – E per finire, il luogo  preferito dal restauratore e dalla restauratrice per lo shopping è … LA FERRAMENTA!!!!

A proposito di tarli…

Tu lo conosci il tarlo? È un termine usato per indicare genericamente i diversi parassiti che infestano i mobili; i più diffusi sono l’anobide e il cerambicida , entrambi eliminabili con il trattamento microonde.
Questi insetti crescono mangiando e muovendosi all’interno del legno per tempi anche molto lunghi prima di manifestarsi (talvoltao per anni), è a questo punto che noi vediamo i buchi sulla superficie dei mobili e il rosume (le “montagnette”di polvere vicino ai fori).

Non bisogna avere esitazioni, appena si scorgono indizi della loro presenza è bene fare una disinfestazione! Leggi di più

Il tarlino, Alessio Sabbadini